venerdì 31 ottobre 2008

PARCO DELLA VAL D’AGRI, AIAB SU NOMINA COMMISSARIO

Non entro nel merito delle procedure che hanno portato alla decisione della ministra all'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, di nominare il commissario straordinario del Parco ma esprimo viva soddisfazione per il semplice fatto che questo possa farci sperare che il neonato parco inizi a fare i primi passi e a dare delle risposte ad un territorio fortemente martoriato dalla presenza delle ben note estrazioni petrolifere. Ad affermarlo in un comunicato stampa il presidente dell’Associazione Italiana agricoltura biologica di Basilicata. Terenzio Bove. “Un parco d’importanza nazionale – continua Bove- è un processo democratico e partecipativo che richiede diversi anni ed è strutturato a tappe segnando inevitabilmente l'inizio di una nuova evoluzione dell'ecosistema e delle caratteristiche socio-economiche legate al territorio interessato. Pertanto nella logica della concertazione con chi sul territorio ci vive, ci lavora, produce ed eleva l’immagine complessiva del territorio stesso mi sembra d’obbligo che nell’immediato ci sia un confronto costruttivo per analizzare i limiti e le prospettive e mettere in atto strategie che consentano al parco di dare i primi passi sotto i migliori auspici. Vorrei ricordare – continua Bove - che tra le attività produttive, l'agricoltura, ed in particolare quella condotta con metodo biologico, ha oggi un ruolo di primaria importanza nella conservazione dell'ambiente, delle risorse naturali e per il mantenimento della biodiversità di cui è così ricca l'Italia. Nelle aree collocate in zone di montagna e/o svantaggiate, a nostro avviso, l'attività agricola, condotta con metodi biologici, rappresenta un elemento indispensabile per mantenere vivo il tessuto sociale, economico e storico-culturale delle stesse comunità umane insediate. Siamo convinti che le risposte alla risoluzione di alcuni problemi che attanagliano il nostro territorio non tarderanno ad arrivare e confuteranno inevitabilmente le “teorie“ di chi da sempre enfaticamente ha sostenuto che gli accordi sul petrolio fossero un grande affare per la Regione Basilicata rendendo disponibili risorse finanziarie consistenti, su cui fondare nuove politiche di sviluppo” ma che in molti si chiedono, semmai siano arrivati, dove sono andati a finire. Allora si faccia presto anche per smentire chi sostiene che la gestione del Parco sarà "congelata" per molti anni ancora, a tutto vantaggio del cosiddetto "parco dell'energia", propagandato dalla Fondazione Mattei con il sostegno della stessa Regione ed evitare a noi cittadini di questo territorio di assistere ai continui scempi commessi sul territorio dal duopolio Eni-Total che diviene sempre più padrone del territorio. “Voglio ricordare che uno degli elementi di maggiore criticità dell’attuale condizione del Parco è la totale mancanza degli organi del parco e la pianificazione degli strumenti del parco, elementi fondamentali del sistema dei parchi nazionali e delle funzioni e finalità degli Enti Parco. Come diceva Salomone: “Iniziare un litigio è come aprire una diga, prima che la lite si esasperi, troncala”; poche parole da buon intenditore! quindi chi ha a cuore il parco da domani si metta a lavorare! A me non resta che augurare al commissario un proficuo e sereno lavoro.

lunedì 3 settembre 2007

Manlio Rossi-Doria: un economista agrario sui generis

Ricordo di un grande territorialista, sui cui insegnamenti sarà utile ricominciare a riflettere.

Lungo tutto il 900, non sono certamente numerose le personalità di uomini di studio e di cultura la cui opera si distingua per la costante presenza di una felice e rara caratteristica: il connaturato dispiegarsi di uno sguardo analitico ad impianto interdisciplinare. Senza ombra di dubbio Manlio Rossi-Doria appartiene a pieno titolo a questa ristretta cerchia di studiosi. Rossi-Doria nasce a Roma nel 1905, figlio di un Assessore della giunta radicale di Ernesto Nathan, ma a diciannove anni le sue passioni lo conducono verso il Mezzogiorno, dove si iscrive alla facoltà di Agraria di Portici: il luogo dove il Sud viene indagato al riparo dalle grandi sintesi storiche ed ideologiche che lo descrivono come un universo compatto. Manlio Rossi-Doria studia chimica, botanica, entomologia, microbiologia, mineralogia e geologia. Il suo desiderio di conoscere al più presto in modo diretto le realtà agricole del Meridione viene realizzato con l’aiuto di Zanotti-Bianco il quale, nell’estate del ’25, lo invia in un’azienda nell’alta Val d’Agri (esattamente al Palazzo Piccininni-D’ottavio in località Peschiera- Villa d’Agri) gestita dal Prof. Eugenio Azimonti, l’agronomo lombardo di origine e meridionalista salveminiano. Azimonti dopo essersi formato al Nord come tecnico, aveva scelto nel 1905 di trasferirsi in Lucania come direttore della locale Cattedra ambulante di agricoltura e promuovere, con autentico spirito pionieristico, l’introduzione di nuove tecniche e metodi di gestione aziendale. Grazie ad una personalità tanto ricca, Manlio impara i diversi aspetti della vita contadina nella loro realtà vissuta. Così egli commenterà la sua amicizia con Azimonti :”So di avere avuto in lui più che un maestro e di aver maturato con lui in Val d’Agri l’apertura necessaria a comprendere anche gente diversa da me”. Tra il ’26 e il ’27 si rafforza in Rossi-Doria l’impegno politico attraverso i rapporti napoletani con Giorgio Amendola, Giustino Fortunato (a lui presentato da Azimonti), Enzo Tagliacozzo ed Enrico Sereni. Gli anni di studio a Portici, dal 1924 al 1928, furono anche, e forse soprattutto, l’occasione per la frequentazione assidua di Giustino Fortunato, ed assunse ben presto la funzione di uno straordinario tirocinio meridionalista. Il Mezzogiorno e la sua arretratezza, i paesaggi coperti di immensi possedimenti fondiari in mano a poche persone, incolte e incapaci di migliorare, i terreni abbandonati, la miseria contadina, una natura ostile: sono questi gli spezzoni d’immagine che si stampano nei suoi occhi e che il giovane studioso porta con sé nel carcere fascista condannato a quindici anni di reclusione. Grazie a due amnistie, torna in libertà nel 1935. Nel 1940 è nuovamente arrestato ed inviato al confino in Basilicata dove partecipa alle discussioni che conducono Eugenio Colorni, Ernesto Rossi e Altiero Spinelli a scrivere il Manifesto di Ventotene – nel partito d’Azione e poi nella Resistenza romana. Liberato alla caduta del fascismo, torna a Roma dandosi all’attività politica: al primo Convegno clandestino del Partito d’Azione (settembre 1943) è eletto nel Comitato esecutivo del partito. Nel ‘44 al Nord la guerra continua, ma Rossi-Doria ha lo sguardo concentrato sugli elementi di fondo che attraversano la società italiana, con o senza il fascismo. E ammonisce quei compagni azionisti convinti che nel ventre del Sud vibri un fermento rivoluzionario: «Ormai», scrive in una lettera a Leo Valiani, «camminavo tenendo davanti agli occhi la diversa prospettiva che la rivoluzione non ci sarebbe stata, che il vecchio avrebbe preso il sopravvento sul nuovo, che la sinistra sarebbe stata sempre sconfitta sino a quando non avesse imparato a fare i conti con la realtà e ad acquistare le doti dei cavalli dal fiato lungo». L’argomento razionale, la sua verificabilità, la costante messa in discussione dei dati acquisiti sono i cardini della sua mentalità di studioso e di politico. Rossi- Doria partecipa al dibattito sulla riforma agraria, alla fine degli anni Quaranta, spinge affinché lo Stato rompa gli assetti proprietari, distribuendo le terre a chi le avesse fatte fruttare. Giungeva intanto l'incarico per la cattedra di Economia e politica agraria a Portici e poi, nel '48, rifiutando di avvalersi delle precedenze riservate ai perseguitati politici, la nomina a professore ordinario. Critica l’opposizione dei comunisti e fra il ‘49 e il ‘52 lavora in Calabria, cura gli espropri e gli accorpamenti delle particelle fondiarie. Ma poi rimane molto scettico quando constata che la Democrazia Cristiana oltre che avviare lo sviluppo dell’agricoltura, agevolando la formazione di moderne aziende, intende soprattutto creare una truppa di piccoli contadini proprietari del solo terreno, incapaci però di renderlo produttivo, perché senza mezzi e senza cultura, una truppa che avrebbe ingrossato l’elettorato clientelare e le file dell’emigrazione (non è un caso che qualche anno dopo Rossi-Doria sarà l’autore di un rapporto-denuncia sugli scandali di quel grande baraccone che era la Federconsorzi). In Dieci anni di politica agraria nel Mezzogiorno in particolare è testimoniato lo sviluppo originale dal ’48 al ‘58 del suo pensiero attraverso una concezione riformista ormai lontana da chi sosteneva anacronisticamente una riforma agraria generalizzata senza tener conto delle specifiche realtà territoriali e della partecipazione dei contadini. La riforma agraria, secondo Rossi-Doria, deve avere per protagonista l’agricoltura contadina ma coinvolgere anche quei pur pochi proprietari agricoli aperti allo sviluppo imprenditoriale. La sua convinzione che non bastasse la semplice redistribuzione delle terre e che occorresse invece metter mano anche, tra l’altro, allo sviluppo della bonifica e della cooperazione ed alla riforma del credito agrario, non fu purtroppo accolta nella pratica. Di qui, pur nella spallata data alla proprietà latifondistica, i risultati per lo più deludenti ottenuti rispetto al progetto iniziale. Nel 1980, anno del terremoto, Rossi-Doria ha settantacinque anni, è ancora mentalmente agilissimo e non sopporta i luoghi comuni che si abbattono sulle regioni piagate, quasi un secondo sisma. Sente dire che quella è una civiltà che andava estinguendosi, infetta dalla miseria e ormai senza storia, senza destino se non quello di distruggere e sbaraccare tutto, gli uomini e le bestie, di trasferire i paesi altrove e di avviare uno sviluppo industriale tutto incentivato e che non avesse alcun rapporto con i saperi locali: una specie di tabula rasa urbanistica e sociale. È il solito Mezzogiorno di cui molti parlano, che pochi conoscono, salvo le sue classi dirigenti che lo conoscono bene ma hanno l’occhio lungo sugli affari e sui modi per conservare potere. Nello stesso anno assume la Presidenza dell’ANIMI (l’Associazione nazionale per gli interessi del Mezzogiorno d’Italia), istituzione cui era rimasto legato, istituzionalmente e culturalmente, sin dagli anni dell’adolescenza, carica che conserverà fino alla morte, sopravvenuta nel 1988.

(Le citazioni riportate sono tratte da “La gioia tranquilla del ricordo” di Manlio Rossi-Doria, ed. Il Mulino)

Il prodotto tipico del mese

Non potevamo non iniziare dai Fagioli di Sarconi, patrimonio culinario e culturale dell’Alta Val d’Agri e della Basilicata che dal 1996 ha ottenuto il riconoscimento europeo di Indicazione geografica protetta. La modestia dei fagioli - “Mangia fagioli” - il disprezzo classista che frequentemente, in epoche non remote, veniva riservato ai forzati consumatori di questo umile e generoso legume non ha finalmente più nessuna ragione di sopravvivere. Anzi! E in Basilicata lo abbiamo scoperto per primi. È ormai noto a molti che la presenza dei legumi, insieme al grano, ha praticamente impedito che nelle regioni meridionali imperversasse la Pellagra, malattia gravissima, spesso mortale che dalla seconda metà dell’ottocento fino agli anni quaranta del novecento, ha sconvolto le campagne del Veneto e della Pianura Padana. A Sarconi, per citare un esempio non casuale, la classe dei braccianti, la più misera, traeva sostentamento dai piccoli appezzamenti di terreno tutti seminati a fagioli. La consapevolezza che i legumi, e soprattutto i fagioli, costituivano la sola via di salvezza dalla fame era infatti così diffusa da far sì che, nella zona, le coltivazioni di tali prodotti fossero le maggiormente rappresentate, come ci confermano i dati contenuti nel catasto conciario fin dal 1746. In altre parole, i contadini pur non essendo a conoscenza della composizione chimica dei fagioli, avevano intuito le loro grandi capacità energetiche. Non potendo, per le condizioni misere in cui versavano, nutrirsi di carne, si sfamavano con cereali e legumi cioè con la classica pasta e fagioli: il piatto simbolo dell’alimentazione contadina. In Basilicata, la coltivazione dei legumi, e dei fagioli soprattutto, viene registrata già alla fine del XVI secolo come risulta dai registri amministrativi degli Ordini Religiosi Conventuali dell’epoca. Si tratta, in questo caso dei fagioli americani, arrivati in Italia dopo la scoperta di Cristoforo Colombo del Nuovo Continente. Fino ad allora le specie diffuse, conosciute già dagli antichi romani, erano fagioli dall’occhio, come ci testimonia Apicio nel De re coquinaria. (tratto dal libro: i fagioli di Sarconi da carne dei poveri ad alimento universale di T. Bove, A. Sanchirico, D. Serra 2003).

Il territorio

La zona di produzione dei Fagioli di Sarconi Igp comprende 11 comuni dell'Alta Valle dell'Agri in Basilicata: Sarconi, Grumento, Moliterno, Marsiconuovo, Marsicovetere, Montemurro, Paterno, San Martino d'Agri, Viggiano, Tramutola e Spinoso. I fertili terreni, che si estendono al disopra dei 600 m, le estati fresche e l'abbondanza d'acqua, combinate con le tradizionali tecniche di coltivazione, consentono di ottenere un prodotto inconfondibile. I produttori del consorzio FAGIOLI DI SARCONI Igp, hanno saputo recuperare e conservare ecotipi locali di indiscutibile valore agronomico, dalle qualità organolettiche eccellenti e produrli secondo regole, spesso non scritte, ma conosciute e tramandate di generazione in generazione. Tali regole, riportate nel disciplinare di produzione IGP, notificano che si tratta di una produzione ottenuta secondo gli usi e costumi popolari del mondo contadino, nel rispetto di tradizioni, caratterizzata da metodi agronomici tradizionali che prevedono la rotazione, la consociazione e le concimazioni spesso fatte con concimi organici, in assenza di diserbanti e pesticidi. Gli ecotipi di fagioli, localmente conosciuti con i nomi di ciuoto o fagiolo regina, munachedda, marucchedda, tuvagliedde, tabacchini, verdolini, nasiedd, risi – rappresentano per l’Alta Val d’Agri la storia, la cultura e le tradizioni di un popolo orgogliosamente legato alle proprie origini.

Per sorridere un po’: I FAGIOLI NON SONO FRUTTA NE' STRUMENTI MUSICALI

I vecchi mestieri
Accanto alla resistente civiltà contadina del Mezzogiorno sussistono e sopravvivono i mestieri artigiani più vicini ai bisogni e ai dolori di chi lavora la terra.
Vecchi mestieri oramai estinti, forse ne rimane qualcuno quasi a farci ricordare il nostro passato e la fatica dei nostri genitori che giornalmente vivevano per portare a casa poche lire. Manualmente senza l'ausilio dell'elettronica e della tecnologia ma con il loro ingegno e il loro sudore. L'artigianato regnava, una volta, come l'industria regna ora nei tempi moderni. I campi e l'allevamento davano il modo di vivere ma nello stesso tempo esistevano tanti altri piccoli mestieri che oggi non esistono più. Un esmpio è il mestiere dello stagnino dedito alla lavorazione del rame con la sua ampia produzione di utensili da cucina, alla riparazione di pentole ed altri contenitori che servivano per la produzione dei formaggi (caccavo, caccavotto), le caurar’ fino alla realizzazione delle grondaie. Il rame preparato alla lavorazione veniva scaldato a forno e quando raggiungeva la fusione veniva versato in apposite formelle; quando iniziava a solidificarsi veniva battuto sotto il maglio (spesso in mulini che, utilizzavano la forza motrice dell'acqua corrente) fino ad ottenere una prima sbozzatura. Con le pinze, l'oggetto, veniva messo sul fuoco della fucina e nuovamente assottigliato battendolo poi di nuovo al maglio. Dopo diversi passaggi, dal blocco iniziale si otteneva l'oggetto grezzo, dello spessore voluto. L'utensile di rame strofinato con salnitro sciolto in acqua per ripulirlo dalle scorie diventava del colore rosso naturale. La lavorazione di lastre o dischi di rame già pronti in modo “industriale” entrò in uso sin dall'800, ma gli artigiani continuarono a modellare e martellare per rendere il rame meno malleabile, indurendolo con i molteplici passaggi dalla fiamma alla martellatura. A questa operazione poteva seguire la cesellatura per ottenere l'utensile decorato. Fondamentale per poterli utilizzare era la stagnatura finale che impediva il contatto diretto tra il rame e il cibo durante la cottura ed evitava il rilascio degli ossidi dannosi. Da questa operazione, che richiedeva molta destrezza, (lo stagno doveva essere dato in modo preciso per non creare strati troppo alti o troppo sottili e tirato uniformemente a caldo non lasciando grumi o zone scoperte) prende il nome del mestiere dello stagnino. Oggi lo stagnino, quel personaggio che girava nelle campagne con le sue pentole e a raccomodare quelle bucate con lo stagno, praticamente non esiste più; forse non si trova più neanche lo stagno utile per stagnare che doveva essere puro al cento per cento per non essere tossico.

venerdì 27 luglio 2007

RURALIA FESTIVAL & BIO 2007

L’AIAB Basilicata in collaborazione con la Pro loco di Villa d’Agri e il Comune di Marsicovetere nell’ambito del RURALIA FESTIVAL & BIO 2007

PRESENTA

UN PO’ DI VITA DI PALAZZO: Festa della civiltà contadina.

8-9 agosto 2007

Largo nazionale- Località peschiera- palazzo Piccininni- D’Ottavio Villa d’Agri (PZ).

Esposizione e vendita di prodotti tipici e biologici lucani, degustazione di ricette e dolci della tradizione lucana e rassegna Vini DOC- IGT e Biologici lucani (Grottino di Roccanova - Terre dell’Alta Val d’Agri, Aglianico, Matera e Rosso di Basilicata) Con la partecipazione di Agriturismo bioecologico il Querceto Barricelle – Hotel Sirio Villa d’Agri- Ristorante Eden Villa d’Agri- Creazione Pizza Cataldo - Osteria del Gallo- Villa d’Agri – ristorante happy hours Villa d’Agri – Agriturismo al Fagiolo d’oro Sarconi – Agriturismo Vignola Marsico Nuovo- Agriturismo Robilotta Montemurro, Enos Villa d’Agri- Bar gelateria Piscopia Villa d’Agri – Pasticceria Val d’Agri.

…….e ancora Musica folcloristica, film documentari e civiltà contadina, convegni, MOSTRA FOTOGRAFIE D’EPOCA DELLA Val d’agri, di macchine ed attrezzi d’epoca, di pittura.

MOSTRA SCATOLE ED OGGETTI VARI D'EPOCA (a cura della Dott.ssa D'ottavio).

......E per i piccini “Biolandia- art attack” - la città dei giochi e dei laboratori creativi con ortaggi, frutta biologica e prodotti biologici

Premi per i migliori lavori e gadget per tutti i partecipanti.

Cartoni animati a “faggiolo”: jack il fagiolo magico, topolino, paperino, Ugo Lupo e i loro fagioli magici.

L’evento è realizzato con il contributo della Regione BASILICATA e della Provincia di POTENZA -ASSESSORATO CULTURA.

Sponsor ufficiali: doreca Srl e LUX impianti

Radio ufficiali: radio Color e radio studio gamma

info: 3931292811 terenzio.bove@aiab.it

PROGRAMMA COMPLETO

8 agosto mercoledì

Ore 18.30 inaugurazione della manifestazione

Palazzo Piccininni-D’Ottavio

Ore 19.00 talk show : ricordi di lontani paesaggi del sud

Palazzo Piccininni-D’Ottavio

Ore 20.30 proiezione del film cristo si è fermato a Eboli dal Libro di Carlo Levi regia Francesco Rosi (durata 2 h e 40 min.)

presso saletta Hotel Sirio

Ore 20.30 apertura stands gastronomici nel giardino Hotel Sirio e presso ristoranti

Ore 22.30 musica popolare lucana

GRUPPO FOLK U’ ntrattien di MARSICOVETERE

Palazzo Piccininni-D’Ottavio

Ore 24.00 Notte da bio con degustazione di pasta e fagioli di sarconi IGP Offerta dall’organizzazione

Intrattenimento musicale con Costantino Chiarillo nel giardino Hotel Sirio

9 agosto giovedì

Ore 19.00 proiezione filmati d’epoca della civiltà contadina

presso saletta Hotel Sirio

Ore 20.30 proiezione del film- documentario realizzato in Val d’Agri “Pietre, miracoli e petrolio” regia di Gianfranco Pannone e Giovanni Fasanella

(durata 1 h 01 min.)

Palazzo Piccininni-D’Ottavio

A seguire incontro con gli autori

Ore 20.30 apertura stands gastronomici nel giardino Hotel Sirio e presso ristoranti

Ore 22.30 ETHNOS IN CONCERTO

Palazzo Piccininni-D’Ottavio

Ore 24.00 Notte da bio con degustazione di pasta e peperoni crusc di senise IGP Offerta dall’organizzazione

Intrattenimento musicale con Costantino Chiarillo nel giardino Hotel Sirio

Rassegna stampa

Villa d’Agri– è iniziata ufficialmente la manifestazione UN PO’ DI VITA DI PALAZZO - Festa della civiltà contadina promossa dall’Associazione Italiana per l’agricoltura biologica di Basilicata, dalla Pro loco di Villa d’Agri e dal Comune di Marsicovetere nell’ambito del RURALIA FESTIVAL & BIO 2007. L’evento è realizzato con il contributo della Regione BASILICATA e della Provincia di POTENZA -ASSESSORATO CULTURA. La manifestazione si svolgerà nei giorni 8-9 agosto 2007 a Villa d’Agri - Largo Nazionale- Località Peschiera- Palazzo Piccininni- D’Ottavio con un programma ricco di appuntamenti. Da segnalare l’esposizione e vendita di prodotti tipici e biologici lucani, degustazione di ricette e dolci della tradizione lucana e rassegna Vini DOC- IGT e Biologici lucani (Grottino di Roccanova - Terre dell’Alta Val d’Agri, Aglianico, Matera e Rosso di Basilicata). Le varie pietanze saranno preparate dall’Agriturismo bioecologico il Querceto, l’Hotel Sirio, il ristorante Eden, Creazione Pizza Cataldo - Osteria del Gallo, ristorante happy hours, Agriturismo al Fagiolo d’oro, Agriturismo Vignola, Agriturismo Robilotta. Dopo aver gustato i tanti prodotti cucinati in vari modi dulcis in fundo, dolci tradizionali preparati dalla Pasticceria Val d’Agri e il gelato preparato dal Bar Piscopia. Nei due giorni della manifestazione dalle ore 19.00 saranno aperti, nella splendida cornice del palazzo, i locali ubicati al piano terra e l’androne dove sotto la volta effigiata restano i colori e lo stemma dei Caracciolo Principi di Martina. Nei locali suddetti mostra fotografica, di oggetti d’epoca, di libri e di macchine e di attrezzi agricoli del XIX-XX secolo curata dalla Dott.ssa Rita D’Ottavio. Nei due giorni della rassegna sarà inoltre possibile ammirare la mostra di pittura di Lomanto Carol, spettacoli musicali con il gruppo folkcloristico di Marsicovetere e gli Ethnos - gruppo di Franco e Graziano Accinni, Costantino Chiarillo. Inoltre si potranno seguire le proiezioni dei documentari dedicati alla Val d’Agri a cura di Antonio Calvino: La Val d’Agri, immagini della memoria, colori e canzoni del folclore lucano e del film- documentario realizzato in Val d’Agri “Pietre, miracoli e petrolio” regia di Gianfranco Pannone e Giovanni Fasanella. due spaccati di Lucania molto contrastanti: ieri come descritto da Carlo levi, oggi all’insegna dell’era tecnologica ed industriale con noti ritrovamenti di giacimenti petroliferi. Eppure meno di un secolo fa, la Val d’Agri e più in generale la Lucania versava in tutti i campi, da quello dell’istruzione e dell’igiene a quello agrario ed economico, dal sistema viario e ferroviario a quello industriale e bancario, in condizioni, a dir poco, disastrose. La deplorevole condizione di disagio socio-economico dei contadini: malnutriti, malvestiti, male alloggiati e il più delle volte indebitati per far fronte alle spese di messa a coltura di un fondo che garantisse la speranza della sussistenza. Nello status di debitore perpetuo, generalmente verso il proprietario del suolo coltivato, e di dipendenza assoluta da questi per il vitto giornaliero, è facile dedurre il ruolo personale di assoggettamento che il contadino stabilì col proprietario. Unica reazione a questa situazione di brama esistenza fu la possibilità di emigrare. La valvola di sfogo alla sopravvivenza fu, pertanto, l’emigrazione che consentì un certo sollievo alla pesante disoccupazione che opprimeva la regione. “Con la sua quarta edizione - ha spiegato Terenzio Bove, presidente dell’AIAB – ruralia festival & bio si presenta alle comunità locali come un momento prezioso di condivisione dei temi e delle esperienze che si sviluppano nell’ambito rurale. Una manifestazione incentrata sul ruolo innovativo dell’agricoltura: sempre più legato al tessuto economico e sociale, ma capace di guardare a funzioni nuove, attente alla sostenibilità ambientale, al paesaggio, alla tradizione ed alla cultura. Intorno a questi valori della ruralità, agricoltori, allevatori, ambientalisti, storici ed appassionati nonchè rappresentanti di istituzioni e della società civile, troveranno un’occasione di confronto nel talk show “ricordi di lontani paesaggi del sud”. La possibilità di una vetrina aperta ai visitatori e al grande pubblico vuol essere lo specchio di un’agricoltura di eccellenza: dall’arte alla conoscenza, dal culto del ‘buon vivere’ alla cura del paesaggio, dalla tenace conservazione delle tradizioni alla ricerca del gusto e della raffinatezza. Ma ruralia festival & bio è anche l’appuntamento atteso da famiglie e bambini, che sanno di poter contare sulla ricchezza e la curiosità degli eventi educativi, ludici e gastronomici con “Biolandia- art attack” - la città dei giochi e dei laboratori creativi con ortaggi, frutta e prodotti biologici.

Il PALAZZO: AUTENTICO POLO DI AGGREGAZIONE ECONOMICA, CULTURALE E SOCIALE

In realtà il Palazzo è un esempio di Masseria fortificata. È un’imponente costruzione risalente al 1647 appartenuta ai Caracciolo, Principi di Martina, ubicata in agro di Villa d’Agri località Peschiera. Un tempo di proprietà dei Baroni Piccininni di Marsicovetere, per metà fu venduta a Domenico D’ottavio, un Cavaliere del Lavoro di origine abruzzese che vi ha abitato fino alla sua scomparsa avvenuta nel 2005, dopo averla ristrutturata. Attualmente è ancora abitata dalla Vedova D’Ottavio. Le masserie, il cui nome di etimologia celtica deriva dai termini mas (campagna) ed er (abitazione), hanno rappresentato, per diversi secoli, un fenomeno di grande importanza sia dal punto di vista economico che da quello culturale e sociale. Le masserie sono state essenzialmente delle aziende rurali imperniate sulla pastorizia e sull’agricoltura. Le masserie dunque rappresentano una stretta relazione tra la vita dell’uomo, il lavoro e la produzione. La masseria è testimonianza del tipo di organizzazione economica e sociale del territorio, tipicamente latifondista. La parola massaro (abitante della masseria) proviene da massa, cioè gente di cui ce n’è in grande quantità, dunque volgo, base della società. La vita rurale del paese, fino a qualche decennio fa, era concentrata intorno al “Palazzo” autentico polo di aggregazione sociale ed economica. Attorno a questa realtà rurale vivevano tante famiglie contadine costituende delle autentiche comunità fornite di ogni servizio necessario per la vita sociale: la chiesetta di Sant’Antuono, il molino, il forno, le case per i coloni, i magazzini per il deposito delle derrate alimentari e degli attrezzi, le stalle per il ricovero del bestiame, pollai e colombai. Infatti alcune famiglie, dai Torresi ai Bove, ma anche i Lacorcia, i Cantiani e Pellegrini, Grande, Caso, tanto per citarne alcune, che lavoravano le immense proprietà dei Baroni Piccininni, si concentravano intorno al “Palazzo”. Nelle immediate adiacenze del palazzo si svolgeva l’attività zootecnica ed in particolare dell’allevamento ovi-caprino e bovino. Non mancava anche l’allevamento dei maiali per la produzione dei salumi e animali di bassa corte per la produzione di uova. Tutto intorno poi alla masseria si estendevano i terreni di pertinenza in cui si coltivavano l’olivo, la vite, il mandorlo, il fico, i cereali e le leguminose tra queste i fagioli che oggi sono tutelati con il nome di Sarconi. Le coltivazioni si realizzavano dalla zona a ridosso dell’attuale cimitero di Villa d’Agri (a chiusa) e si estendevano sino alle zone più a valle nelle zone conosciute come “a zafarana” e “u vifar”. Il pascolo degli animali, invece, si svolgeva sulla costa del Signore sino ad arrivare alla zona del casale. Da l’occhio mese di agosto

Pietre, miracoli e petrolio in Val d’Agri

Il documentario di Pannone e Fasanella

ll Texas italiano, si trova in Basilicata. È qui, in una parte interna della regione, che ci sono i giacimenti della Val d'Agri. In questa zona della Basilicata di enorme pregio ambientale le trivelle dell'Eni scavano per estrarre il petrolio. Petrolio, sinonimo di ricchezza, ma anche di impatto ambientale, di progresso ma anche di minaccia per il territorio. Una sinergia di potenzialità positive e negative che ha ispirato un giornalista lucano Giovanni Fasanella ed un regista campano Gianfranco Pannone a scrivere e girare un film documentario sui giacimenti della Val d'Agri: "Pietre, miracoli e petrolio". Sessantuno minuti di filmato per raccontare i risvolti e gli effetti che ha avuto sulla popolazione lucana la scoperta dell'esistenza dei giacimenti di petrolio in Basilicata. E per raccontarlo i due autori mettono in scena tre storie che ruotano attorno a questa "sconvolgente" scoperta. Per i tre protagonisti il petrolio ha un significato differente: pericolo per Francesca Leggeri titolare di un agri turismo, opportunità per Vittorio Prinzi, sindaco di Viggiano, il comune più importante della zona, e stimolo lavorativo per Gianni Lacorazza, editore e giornalista di una testata on-line lucana che sui giacimenti conduce inchieste giornalistiche. Il film-documentario è stato presentato, nella sezione Doc 24, alla ventiduesima edizione di Torino Film Festival e al Filmaker di Milano dove ha ricevuto un buon successo di pubblico. “Pietre, miracoli e petrolio” è stato trasmesso, su Rai tre. Il documentario, nato dall'idea del regista Pannone e del giornalista Fasanella racconta le storie reali di tre personaggi che vivono in Val D'Agri, una terra alle prese con un fatto imprevisto: la scoperta di un giacimento petrolifero in grado di coprire oltre il dieci per cento del fabbisogno nazionale. Evento eccezionale che, per uno strano scherzo del destino, si è verificato in una delle zone che è al tempo stesso una delle più povere della Regione, e per di più all'interno di un parco naturale. Francesca Leggeri è la titolare di un'azienda di agriturismo. L'imprenditrice, convinta sostenitrice di una natura fondata sugli equilibri, è in "guerra" con l'Eni che intende realizzare un oleodotto, il cui percorso andrebbe a ricadere in una parte della sua proprietà, dove crescono rigogliosi boschi e vigneti. Per Vittorio Prinzi, sindaco di Viggiano, il comune più interessato alle estrazioni petrolifere della zona, il petrolio è invece un'opportunità: attraverso l'utilizzo delle royalties, ovvero i diritti che spettano alle comunità locali a seguito dell'attività estrattiva, si può rilanciare l'economia della zona creando nuove opportunità di lavoro. Ma possono convivere progresso tecnologico e salvaguarda ambientale? Può esistere uno sviluppo eco-sostenibile? Come conciliare petrolio, che significa nuovi posti di lavoro, l'opportunità di costruire un futuro senza emi grare, e rispetto per quell'aria, quei boschi e quell'acqua che sono gli altri grandi tesori, le altre risorse della Val D'Agri? A questi interrogativi cerca di rispondere Gianni Lacorazza, il terzo protagonista del documentario, editore e giornalista di una testata online che realizza le sue inchieste sul campo simbolo di chi ha scelto di costruirsi un futuro lavorativo nella propria terra piuttosto che emigrare.

Il Querceto è anche la prima azienda agrituristica bio-ecologica in Basilicata. Certificata ICEA.

UNA PROTAGONISTA DEL DOCUMENTARIO TITOLARE DELL’AGRITURISMO BIOECOLOGICO

Una delle poche strutture in Basilicata che ha ottenuto la certificazione secondo gli standards AIAB

Francesca Leggeri, 43 anni, ex-regista che nel 2002 torna in Basilicata per portare avanti l'azienda di famiglia, ma che si trova quasi subito a lottare contro l'Eni che vuole far passare un oleodotto nella sua proprietà. Per quale motivo ha deciso di tornare in Basilicata e quale è il senso della sua partecipazione al lavoro di Pannone e Fasanella? ero a New York, lavoravo come regista. La tragedia delle Torri Gemelle mi ha colpito profondamente ed ho deciso di tornare nella mia terra, una terra che ho sempre avuto nel cuore. Quei luoghi dove sono cresciuta, quei boschi, quelle montagne hanno sempre avuto qualcosa di magico, è un legame con le proprie radici che puoi solo sentire e non spiegare. “Ho deciso di tornare come imprenditrice ed oggi lotto perché la costruzione di quell' oleodotto non solo causerebbe la chiusura della mia azienda (verrebbero deturpati quaranta ettari di un'azienda che fa delle coltivazioni biologiche e del contatto con la natura la sua filosofia vitale), ma costituirebbe un danno irreparabile per il parco naturale con cui confiniamo. Abbiamo proposto altre soluzioni, altri percorsi per l'oleodotto, le risposte non sono state incoraggianti, ma continuo ad andare avanti. Spero che il film faccia capire che una soluzione che rispetti tutti è possibile se c'è il buon senso di cercarla...”

La musica antica di Basilicata per divulgare l'identità lucana

Ethnos: magica sintesi di tradizione ed innovazione della musica antica di Basilicata

La tradizione lucana e la riscoperta delle antiche melodie diventa un progetto di rivalutazione etnica in Basilicata. Questo è l’intento dell’Associazione Culturale Multietnica Europea, nata nel 2003 dall’iniziativa di un gruppo di amici lucani che, accomunati dall’amore per la propria terra, hanno deciso di riproporne la cultura affidandosi al fascino della musica antica nuovamente arrangiata.
L’ideatore del progetto, nonché direttore artistico della stessa Associazione, è Graziano Accinni, chitarrista di Mango dal 1981, e dal 1986 ad oggi presente in tutti i lavori del cantautore lagonegrese, attività alternata ad altre importanti collaborazioni con artisti del calibro di Mina, Lucio Dalla, Miguel Bosè, Mariella Nava, Rosario Di Bella, Mirò, Laura Valente, e Jan Anderson, leader del famosissimo gruppo rock inglese Jethro Tull, nonché il più grande dei flautisti attualmente in attività in tutto il mondo. La datata esperienza di Graziano Accinni nel mondo della musica italiana e la forte passione manifestata nella riscoperta musicale della storia della Basilicata, hanno costituito l’indispensabile connubio volto a sollecitare l’entusiasmo di quanti credono nell’efficacia culturale riposta nel recupero della propria identità regionale e nel consequenziale confronto con le altre culture del mondo. Nel perseguimento del proprio obiettivo l’Associazione Culturale Multietnica Europea, presieduta da Franco Accinni, ha così incanalato le energie nella promozione di rassegne e concerti realizzati soprattutto nel Sud-Italia, e che hanno trovato il loro perno nel lavoro del gruppo Ethnos, finalizzato a “ridar voce” alla quotidianità dei nostri nonni e padri, la cui memoria riserva ancora emozioni, amplificate naturalmente attraverso la magia della musica e dello spettacolo. Sono dunque la ricerca e l’amore verso la propria terra che animano gli Ethnos, capaci di trasformare nenie, canti alla Madonna, tarantelle e ballate popolari in brani dalle caratteristiche tecniche nuove, dalla musicalità incentrata sul virtuosismo dei componenti del gruppo. Si tratta di artisti di ragguardevole spessore, guidati dalla maturità professionale di Graziano Accinni che con coraggio si è cimentato in sperimentazioni di grande impatto live che, a giudicare dal consenso sinora riscontrato dal pubblico, coinvolge garantendo successo. Per Accinni, inoltre, si tratta di ripercorrere le tappe della sua infanzia in quanto, in una famiglia di musicisti che lo ha avviato su una strada già battuta, il suono della tradizione ha rappresentato un importante punto di partenza che oggi ritorna nella sua produzione artistica a cui si aggiungono i trascorsi con il gruppo folk del suo paese. Gli Ethnos, “una partitura per diciotto corde e voce”, in cui i protagonisti sentono che attraverso il dialogo tra tre chitarre ed una voce narrante scorre la vita di una civiltà, la civiltà contadina del popolo lucano con il suo carisma antico e misterioso, la cui semplice ricchezza si tenta di ripercorrere in un viaggio immaginario. Un popolo umile ma dignitoso quello lucano, che con il volto chino va ancora incontro alla Madonna nera; un’umanità che non crede in monachicchi, streghe e filtri magici, ma ne conserva la ritualità, i gesti, ma anche i suoni, i sapori e i colori.

Gruppo folk di Marsicovetere “U ndrattien”

Il Gruppo con la denominazione “U ndrattien (l’intrattenimento "Teatro 90), ai primi mesi di esibizione in pubblico nasce per iniziativa di giovani di Marsicovetere associati alla San.Ber.. Amanti delle tradizioni popolari, con il supporto del direttore artistico Maestro Gino Volpe con alle spalle un’esperienza ultra decennale nella musica e nel folklore. Il fine dell'associazione è la ricerca, la tutela e la valorizzazione delle tradizioni popolari, proponendo delle manifestazioni per diffondere la cultura del popolo di Marsicovetere e della Lucania rappresentando con propri canti, danze e atti di vita quotidiana d’altri tempi. Pezzi forti del gruppo “u pastor” e campo di fiori oltre al ricco repertorio di canti lucani. Il gruppo è formato da oltre trenta elementi, di età compresa tra i 14 e i 70 anni; gli strumenti musicali sono l’organetto, la fisarmonica e la chitarra.

I ristoranti partecipanti

Hotel Sirio Villa d’Agri

Creazioni Pizza da Cataldo — Villa d’Agri

Agriturismo da Vignola Marsico Nuovo

Agriturismo Al Fagiolo d’oro Sarconi

Ristorante Happy Hours Villa d’Agri

Ristorante Eden Villa d’Agri

Osteria dl Gallo Villa d’Agri

Pasticceria Val d’Agri Villa d’Agri

Eurobar -Villa d’Agri

I piatti preparati

Cavatelli all’ortolana- Peperoni ripieni

Bio- Pizza vari gusti

Calzoni con la ricotta

agnello al forno

Pasta e fagioli di Sarconi

Fiori di zucca ripieni

Ferricelli e peperoni crusc

Dolci e semifreddi vari

I vini

Torre Rosano—Grottino di Roccanova

Pisani Terre dell’Alta Val d’Agri

Sponsor ufficiali

DORECA SRL - LUX IMPIANTI

Radio ufficiali:

Radio color e radio studio gamma